Tik Jock
Programma Adotta un Malato > Pazienti > Tik Jock
Tik Jock è un paziente di Adotta un Malato, programma nato nel 2008 per contrastare le difficoltà di accesso alle cure nei paesi Africani e Indiani. La presa in carico del paziente prevede un’attenta valutazione della diagnosi che precede le cure o/e l’intervento necessario alla guarigione. Il programma si prende carico dell’assistenza e di tutte le spese necessarie alla cura di persone in estrema difficoltà economica e affette da patologie che necessitino di cure costose e/o d’intervento chirurgico e/o, in caso d’invalidità, di acquisto di presidi sanitari.
Scheda Paziente
La missione di Lare si trova all’estremo Ovest dell’Etiopia, nella regione di Gambella, a 13 km dal confine con il Sud Sudan. In questa missione sono presenti due missionari mandati dalla Diocesi di Mantova, un sacerdote, in Africa da 14 anni, e una volontaria laica, in Africa da 8 anni. Prima di trasferirsi nel 2013 a Lare, nella regione di Gambella, hanno prestato servizio presso una missione sull’altopiano etiopico.
Tik Jock è un studente nuer che partecipa al programma dell’ostello; la sua famiglia vive in una località molto distante da Lare. Nell’anno scolastico 2015-2016 ha frequentato la classe 10 e inizierà ora i due anni che preparano l’accesso all’università. Nel 2002, quando aveva solo 16 anni, è stato coinvolto in uno scontro a fuoco e ferito alla gamba destra. La ferita non si è rimarginata correttamente, soprattutto per la mancanza di strutture sanitarie adeguate e la situazione è andata peggiorando, tanto che nel 2015, in una ospedale del Sud Sudan, si è dovuta decidere l’amputazione dell’arto.
Subito dopo l’operazione, Tik si era informato circa la possibilità di una protesi, ma gli è stato risposto dalle strutture pubbliche che non ci sono disponibilità.
Nei mesi scorsi, con discrezione per non creare aspettative che poi rimarrebbero frustrate, abbiamo provato a raccogliere informazioni ad Addis Abeba e sembra che sia possibile realizzare un intervento adeguato che gli restituirebbe mobilità, autonomia e, ne siamo certi, anche morale ed iniziativa.
Le difficoltà della realizzazione non sono solo quelle tecniche della protesi, ma anche lo spostamento ad Addis Abeba e la permanenza per il tempo necessario, che si aggirerà sui due mesi. Per un nuer che non conosce la lingua amarica e non ha mai viaggiato in Etiopia, recarsi ad Addis Abeba equivale ad un viaggio all’estero.