Mission Kenya 12: A CASA LORO
Inizia così la giornata a Maralal: apri gli occhi e butti subito fuori uno sguardo dalla finestra per capire se piove. E’ iniziata la stagione delle piogge in Kenya e non ti aspetti che ci sia il sole, ma oggi ci speri, perché in programma ci sono molti giri da fare… e il sole per fortuna c’è, o meglio, non piove.

Quindi si parte, tutti sulla jeep direzione John, A CASA SUA.
John è un tecnico ortopedico che lavora all’ospedale di Maralal, abita in una casa modesta, tenuta su da fango e pietre. Sapeva che saremmo passati a trovarlo e ha radunato tutta la sua famiglia per accoglierci.
Padre di sette figli, con il suo umile stipendio, si preoccupa da sempre di mantenerli e farli studiare. Il più grande è diventato un insegnante, ce lo racconta mentre orgoglioso ci mostra le pagelle dei più piccoli. Hanno tutti ottimi voti ed è anche per questo motivo che FTC da sei anni lo aiuta a sostenere le spese scolastiche. Ci ha preparato un divanetto proprio al centro del cortile, la casa è troppo piccola per tutti, e inizia a presentarci ciascuno di loro, che a turno ci stringono timidamente le mani.
La sua casa? Quando la guardi non puoi credere a come quelle quattro pareti di fango riescano a resistere alle piogge africane, eppure sono ancora lì, rosse e imprecise, a sostenere un tetto in lamiera. Mentre lui ci racconta sorridente del suo lavoro, inevitabilmente continui a fissare la sua casa, chiedendoti come possano stare tutti in quei pochi metri quadrati. John è una persona molto generosa: spesso gli è capitato di ospitare anche malati che arrivano in ospedale da molto lontano, li tiene a casa con sé per i giorni necessari ad eseguire le cure e i controlli. Sembra incredibile, ci spiazza, ma se lo guardi bene, il suo viso e i suoi occhi ti spiegano la persona che è.
Mentre la porta di lamiera si chiude alle nostre spalle, non un commento, solo silenzi ricchi di riflessioni.




Si risale sulla jeep, scende qualche goccia sul finestrino, ma la strada, anche se fangosa, ci consente di arrivare da Mary, A CASA SUA.
Anche qui stessa entrata in lamiera, stessi alberi giganti di cactus ad ogni angolo e stessi bambini curiosi che ci seguono con gli sguardi. Rispetto a quella di John, la casa di Mary è in pietra, tenuta su con pali in legno legati tra loro con filo di ferro. Non ha l’intonaco in fango e sterco e il tetto è in lamiera. Anche lei condivide circa 10 metri quadri con i suoi tre figli e un nipotino. Mary ha avuto una vita dura, che la ha resa incredibilmente forte e le ha dato il coraggio di lasciare il marito violento. Per prendersi cura della sua famiglia da sola lavora come domestica. Casa sua inoltre è la casa di tutti i bambini del vicinato: al pomeriggio si radunano sul suo divanetto per condividere una piccola vecchia tv e guardare documentari insieme. Mary, come John, cerca di aiutare come può i vicini, i parenti e gli amici. La sua forza è disarmante, quasi non riesci a fissarla negli occhi tanto sono pieni di vita vissuta. Anche i suoi figli fanno parte del progetto Scholarship di Find The Cure da tre anni, grazie al quale Mary riesce a coprire alcune spese scolastiche. Anche per loro ci sono dei vestiti e delle scarpe nuove in regalo. Mary sorride in disparte sulla soglia della sua casa, mentre ci osserva consegnare i doni per i suoi figli, e noi con lei. Anche questa volta, mentre risaliamo sulla jeep, viene da chiedersi “Ma come ce la fa?” e te la immagini la sera, al buio della sua minuscola casa, provare a prendere sonno insieme alla sua famiglia, con il rumore incessante della pioggia che sbatte sulle lamiere.



L’ultima tappa è da Ester, A CASA SUA.
Scese dalla jeep una domanda viene spontanea: “Dove è la casa?”. Incredule, la casa era proprio quella capanna malandata di fango di fronte a noi. Una capanna di fango e sterco, ma questa volta il fango non ha resistito alle piogge e dalle pareti spunta il vecchio legno ormai marcio. Anche la sua casa ha il tetto in lamiera, ma perde acqua e purtroppo bagna la zona interna rendendola umida e maleodorante. Ester è mamma di quattro figli, anche lei è sola e deve lavorare per poterli mantenere. Ester, al contrario di Mary e John, sorride poco, ci accoglie nella sua casa di pochi metri quadrati, ci presenta i suoi bambini, ma sorride poco, sembra quasi stanca di lottare. Anche i suoi bambini rientrano nel progetto di Scholarship di Find The Cure, farli studiare e provare a cambiare la loro situazione è troppo importante per lei. Qualche foto insieme, mentre lei continua a ringraziarci e anche questa porta in lamiera si chiude dietro alle nostre spalle.
La giornata sta terminando, le considerazioni fanno rumore solo nei nostri pensieri: siamo state A CASA LORO, ma non abbiamo trovato case, abbiamo visto sorrisi, ricevuto abbracci, ascoltato racconti preziosi di vita. Che cosa è davvero una casa? Un luogo o una persona?
Find The Cure conosce la risposta, e siamo certi che è la stessa di ognuno di noi, compreso John, Mary e Ester.


