Ce l’hai la mascherina?
“Yes, ok, I’m arriving” – Proprio appena terminata la cena, arriva la telefonata dall’ospedale di Maralal dove lavorano Daniele e Yasmin.
“Ragazze, c’è un’emergenza, volete venire in sala con me? E’ arrivato un ferito da arma da fuoco da Baragoi” – É così che Daniele, Silvia e Mary montano sulla jeep e corrono al Samburu County Referral Hospital.
Per Daniele è la normalità, per Silvia e Mary un’occasione unica per conoscere la sanità Africana dal vivo.
La struttura di Maralal è l’unico ospedale di riferimento in tutta la contea Samburu. Qui arrivano pazienti anche dai villaggi più remoti, proprio come il ragazzo dell’emergenza di questa notte, ferito nel lontano villaggio di Baragoi alle gambe e ad un braccio.
Purtroppo non è un caso isolato: in questa zona del Kenya, la siccità minaccia continuamente la pastorizia, che rappresenta il 95% dell’economia per le due tribù dei Samburu e dei Turkana che per questo motivo sono constantemente in lotta tra loro. Furti di animali e di territorio sono le cause principali che scatenano gli scontri armati per difendere il loro unico bene. Sono scontri che hanno origini culturali molto radicate e tradizioni completamente differenti.
Al Samburu County Referral Center l’attività è davvero frenetica: pronto soccorso, ortopedia, medicina generale, maternità, farmacia e ambulatori vari sono pieni di pazienti. Le risorse a disposizione dei sanitari però sono sempre insuffienti a curare tutti purtroppo.
La mattina dopo l’emergenza, ancora assonnati, ci invitano a visitare l’ospedale. Ci sono due eccellenze che si distinguono: proprio quelle in cui prestano servizio Daniele Sciuto e Yasmin Genovese, l’ortopedia e la maternità.







Find the cure, grazie al loro duro lavoro, sostiene da anni il progetto ortopedico e il progetto della maternità quindi sapere che ora sono due eccellenze dell’intera comunità Samburu ci riempie di orgoglio. Daniele ci invita a partecipare ad un meeting con i suoi studenti. Il metodo di intervento sui pazienti è all’avanguardia (e non solo in Africa) ed è per questo che ai suoi corsi partecipano studenti da ogni parte del Paese, arrivano anche dalla Capitale. Non solo gli studenti però apprezzano, ci sono moltissimi pazienti che preferisco attraversare la savana per farsi curare nel reparto ortopedico di Daniele.
L’Africa è leader mondiale nel numero di trauma statisticamente rilevato, per via degli scontri armati tra tribù e a causa del territorio spesso ostile: nei piccoli villaggi rurali, per le persone che subiscono una frattura è ormai NORMALE restare disabili a vita.
La missione di Daniele e di tutto il suo team è proprio quella di far arrivare il messaggio “Il trauma nella vita può capitare, ma non deve essere una sentenza di vita“, la stessa frase che leggiamo sulla parete dello studio.




Finita la lezione, arriva a prenderci Yasmin per accompagnarci nel suo reparto maternità, al di là del cortile, oltre le lenzuola di sala operatoria stese tra le siepi. Yasmin inizia a raccontarci nel dettaglio ogni singolo passo avanti fatto: c’è finalmente un carrello per le urgenze, c’è una camera dedicata alle degenti di parto cesareo (evento rarissimo perché la cultura della maggior parte delle persone non lo prevede), c’è una struttura che accoglie i bimbi prematuri e addirittura una zona che ospita mamme con gravidanza a richio che, abitando in villaggi irraggiungibili, vengono ricoverate per lunghi periodi per poter essere monitorate fino al giorno del parto.




Su una parete notiamo appeso un grafico con le statistiche di parti effettuati al mese nella sua struttura: la media oscilla tra i 150 e i 200. Sono davvero una infinità se inoltre consideriamo che spesso lei è l’unica ostretrica di turno presente. Yasmin è una sognatrice testarda e grazie a questa sua forza di volontà, la maternità è sempre piena di pazienti.
La visita, oltre ad averci confermato che il sostegno a questi due progetti è fondamentale per l’intera comunità Samburu e funziona in modo eccellente, ci ha fatto tornare a casa con una considerazione importante: in una struttura dove qualsiasi sanitario occidentale non resisterebbe nemmeno un minuto per via dell’enorme mole di lavoro, qui invece ci sono persone che non si lasciano abbattere dalle avversità, persone che mettono al primo posto anche la vita dell’ultimo degli anziani Samburu ormai dato per spacciato, persone che si scontrano quotidianamente con culture arretrate e spesso pericolose come la mutilazione dei genitali. Persone che, nonostante tutto, credono ancora fermamente in un cambiamento piccolo o grande che sia… cosa che si sa, richiede tempo, energia e pazienza, ma è evidente che non sarà la mancanza di una mascherina, un saturimetro o una divisa con le tasche scucite a fermarli.
È cosi che mentre loro ci salutano ringraziando FTC per il prezioso sostegno, siamo noi che ringraziamo loro per l’esempio e l’insegnamento che con questa visita ci hanno regalato.
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