Safari njema dolce Namarti
Safari njema Namarti, buon viaggio dolce Namarti.
Il tuo sorriso abbiamo imparato a conoscerlo anche da qui.

Namarti era una giovane donna proveniente da un villaggio vicino a Suguta Marmar, in Kenya. L’abbiamo conosciuta nel marzo 2017 nella maternità dell’ospedale della cittadina di Maralal, per una sospetta tubercolosi complicata in gravidanza che le creava serie difficoltà respiratorie. Namarti, mamma di quattro figli e in attesa del quinto, era una guerriera e venne inserita nel progetto “adotta un malato” per garantirle le cure di cui aveva bisogno.
E’ di pochi giorni fa la notizia che Namarti non è più tra noi e vogliamo raccontarvi la sua storia con le parole di Yasmin, ostetrica e volontaria Find The Cure che da alcuni anni vive in Kenya e lavora presso la maternità di Maralal.
Grazie Yasmin per le tue parole, grazie a te e a Daniele per prendervi cura, non solo dal punto di vista sanitario, di tutte le persone che incontrate quotidianamente nel vostro cammino.
Grazie a tutti i sostenitori del progetto “adotta un malato” che hanno permesso di seguire e supportare Namarti in questi 5 anni, e che permettono di seguire quotidianamente tante altre persone incontrate durante le missioni Find The Cure.

“Ci sono giorni di cui non vorresti mai scrivere, ci sono persone che per una serie di coincidenze incroci lungo il cammino, a cui rimani fortemente legato, nonostante le grandi differenze di vita, cultura e lingua.
Ci sono sorrisi che non si dimenticano, quello di Namarti è uno di questi.
La nostra storia è iniziata poco dopo il mio arrivo in Samburu, incrociata tra i letti della maternità circa a 34 settimane, con difficoltà respiratorie e contrazioni.

Era stata trattata per TB e venendo da lontano ed essendo in evidente stato di malnutrizione, un po’ per scelta un po’ per richiesta personale abbiamo deciso di tenerla con noi fino al momento del parto. La nostra conoscenza è diventata quotidianità, accarezzare la pancia, sentire il battito del piccolo guerriero, vederli e sentirli crescere, festeggiare la festa della mamma con un selfie al pancione, imparare il Samburu quando a mala pena conoscevo il Kiswahili (che poi non conosceva neanche lei)…poi le cose si sono complicate, un cesareo d’urgenza e Namarti presa per i capelli in sala operatoria, giorni in reparto con l’ossigeno attaccato, arrivare in ospedale con l’ansia che non ci fosse più, i sospiri di sollievo a vederla sorridere sotto la maschera ad ossigeno, sentirmi chiamare con quella vocina, poi la dimissione, il suo regalarmi la collana da cerimonia, l’unico gioiello che possedeva.
Negli anni è entrata a far parte del programma di “adotta un malato” di Find The Cure Italia Onlus poiché la condizione dei suoi polmoni, dopo infinite diagnosi di TB e polmoniti era tutto tranne che rassicurante; abbiamo contattato una Pneumologa in Italia che a sua volta è diventata una grande sostenitrice di Namarti, ma che con grande onestà ci disse che dalla sua condizione non si migliora e che nonostante la giovane età la prognosi era già scritta.
Per una qualche ragione abbiamo accantonato quell’informazione in un angolo del cervello ed abbiamo continuato a crederci.

Aveva ricorrenti polmoniti e quindi ogni 6 mesi me la ritrovavo in ospedale, come il primo Natale di Joshua in cui era ricoverata con il suo bimbo e decisi di comprare kuku (pollo) e patatine per tutti, che poi le era piaciuta così tanto l’idea che se lo voleva mangiare tutti i giorni o quando ci facevamo pausa chai e chapati alla canteen dell’ospedale.
Prima di partire per le ferie aveva passato una settimana ricoverata nel reparto donne con sintomi respiratori brutti e un’ascite che sembrava aspettare un’altro bimbo, nessuno a farle visita, era la seconda di 3 mogli ed il marito essendo sempre malata l’aveva “accantonata”, ci siamo salutate di fretta alla dimissione, volevo farci una delle nostre solite foto assieme ma la sala parto era piena e così mi sono limitata ad un frettoloso arrivederci “Lesere Namarti”; mi ha detto che sarebbe venuta a trovarci con il bimbo perché era passato troppo tempo che non lo vedevo e chiedeva di me, ogni tanto mi chiamava pure.

Non è la prima che se ne va, non sarà di certo l’ultima, ma in questi 5 anni quel suo fare sempre capolino con un sorriso a 72 denti era ormai diventato una certezza, mi faceva passare ogni frustrazione o scazzo nonostante mi chiamasse 700 volte alla settimana.
Ci sono anime belle che la vita ti regala e ti permette d’incontrare, anime belle nascoste dietro il peso della vita, una vita fatta di arrancare ad ogni passo; posso dire con orgoglio di averne incontrate diverse in questi anni in giro per il mondo e che Namarti era sicuramente una di quelle.”