Mission India 12 – Terzi giorni

Eluru per tutti i finders è un po’ come la seconda casa, sia per l’accoglienza calorosa che Padre Jose riserva sempre, sia perchè l’ambiente circostante ricorda di più le nostre metropoli trafficate e caotiche.

Con entusiasmo scopriamo di poter partecipare tutte al food program, un “must” durante la permanenza in questa città, perchè permette di toccare con mani e occhi la realtà più dura dell’India. Il progetto prevede la distribuzione quotidiana di cibo alle persone in maggiore difficoltà della zona. Al ritorno le nostre reazioni sono differenti, tutte sfumature di un comune sentire difronte ad un’esperienza così forte. Un breve pomeriggio di acquisti alla scoperta delle vie di Eluru e poi di nuovo in viaggio verso l’ostello di Machilipatnam.

Grazie a questi spostamenti abbiamo potuto osservare e conoscerenumerose realtà: quella di Machilipatnam ci sembra immediatamente singolare. Di primo acchito potrebbe apparire una meta da catalogo di un’agenzia turistica: completamente immersa nel verde delle risaie e dei palmeti, bagnata dall’oceano Indiano e costellata di capanne di pescatori. Ma,come a volte accade nella vita, l’apparenza inganna. L’economia della zona è, a dir poco precaria, fortemente legata alle condizioni metereologiche e influenzata dall’equilibrio ballerino dei rapporti fra un villaggio e l’altro.. Padre Biju, infatti, ci racconta di dover spesso a fronteggiare e risolvere liti interne.

Non si può parlare di una realtà facile: ogni giorno si presentano alla porta di padre Biju persone che chiedono cibo, acqua, medicine, rupie per i vari spostamenti in oto o in bus, presentano problematiche dei propri villaggi e lui c’è per tutti! E se non c’è, è perchè sta risolvendo altre problematiche o sta pensando a nuovi progetti per migliorare le condizioni di vita dei suoi parrocchiani.

L’ostello ospita 45 bambini, tutti maschi. Il Dasara festival (festa nazionale indù che prosegue dal13 ottobre) non ci permette di vederli tutti perchè a casa per le vacanze, ma riusciamo lo stesso a fare attività, anche con i bambini dei villaggi circostanti. Così ci ritroviamo tutti insieme a dipinger e magliette, dare la caccia alle bolle di sapone, imparare a giocare a volano e utilizzare per la prima volta (con immenso stupore dei bambini) la plastilina.

L’assenza dei bambini ci dà l’occasione di calarci ancora meglio nel cuore di Machilipatnam, perchè in fondo la missione serve anche aquesto: capire la cultura, le usanze, i costumi e i problemi della zona in modo da poter offrire ai bambini degli svaghi e delle attività propedeutiche al loro sviluppo, tenendo conto della realtà incui vivono. Biju ci accompagna al treno per Hyderabad promettendoci un impegno maggiore per il mantenimento dell’ostello e dei bambini.

Noi, di riflesso, riconfermiamo il nostro. E decidiamo incuor nostro che questo sarà il fiore all’occhiello tra tutti gli ostelli di “Find the cure”. I giorni della nostra permanenza sono giunti al termine, ma abbiamo ancora un compito importante:presenziare all’inaugurazione della scuola di Nedunoor, fissata il giorno 25. E allora, tutte sul treno!! Le nove ore passano veloci nella notte e alle 5.00 del mattino ci presentiamo al Presi meno stanche e sfatte di quanto ci saremmo aspettate. Giusto il tempo per colazione e doccia e poi di nuovo in viaggio per Nedunoor. La scuola è momentaneamente chiusa per festività, ma già attiva e alla cerimonia sono presenti molti dei bambini che la frequentano, accompagnati dalle rispettivefamiglie. Un altro passo è stato fatto, uno dei propositi di Find the Cure per il 2012 é stato raggiuntoe molto lo dobbiamo a voi, che avete continuato a sostenerci, a seguirci e a credere nel progetto tanto quanto noi.

Grazie di cuore. E’ giunta l’ora: Mission India XII si conclude qui. Il Pink Team torna a casa con un’esperienza in più e con tutte le riflessioni che ognuna di noi matura dentro sé. Durante il viaggio notturno verso l’aeroporto la nostra attenzione viene rapita dai colori e dalle musiche dei carri induisti diretti verso il lago di Hyderabad. Ognuno di essi è dedicato ad una delle innumerevoli divinità Indù, la cui statua in vetroresina troneggia al centro e trasporta decine e decine di devoti. Il rito prevede che le statue vengano rilasciate nelle acque del lago e trasportate via dalla corrente. Sembra fatto apposta per salutarci o forse solo per ricordarci che l’India è magica, colorata, variopinta, chiassosa, ma soprattutto in continuo fermento.

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