Gruppo Andrapradesh III settimana

BLOG WEEK 3 (4 NOVEMBRE 2011 – 10 NOVEMBRE 2011)

“Con quella faccia un pò così, quell’espressione un pò così, che abbiamo noi che abbiamo visto…”

 Siamo purtroppo giunti all’ultima settimana di missione e dopo aver lasciato Antarvedi veniamo catapultati in un’altra dimensione… Machillipatnam…. letteralmente “città del pesce”…. e di questo vivono prevalentemente le persone della zona, anzi, molti addirittura seguono la loro fonte di sostegno e come le migrazioni di grandi branchi anch’essi sono nomadi vivendo in capanne rapide al costruirsi quanto ad essere abbandonate per un nuovo balzo.  Non siamo molto lontani da Antarvedi (almeno in termini di Km… diverso il discorso delle ore impiegate per percorrerli!) ma l’aria e l’atmosfera sono completamente diverse.  L’ambiente è più rurale ed anche nell’ostello di padre Biju l’atmosfera è ben diversa da quella della scuola di Antarvedi: tutto è più rustico ma non per questo meno bello, anzi… si respira un’ aria familiare, fatta di grandi progetti e di quel brivido sottile che solo le cose in rapido divenire sanno darti. Padre Biju è un vulcano di idee e raramente lo si riesce a vedere fermo… dà veramente tutto, forse potrebbe sembrare fin troppo a chi lo guardasse da lontano, con il binocolo, ma basta avvicinarsi e già si vedono le 31 buone motivazioni per farlo. Tanti sono in bimbi ospiti dell’ostello; di giorno questa è una vera calamita per i bambini della zona ed ovunque ti muovi senti un ridente “… morning father!”. Per loro padre Biju ha un progetto terribilmente semplice ed efficace: dar loro la possibilità di studiare per divenire “qualcuno” e far si che siano da esempio per le famiglie dei villaggi di origine… disarmante nella sua semplicità!

Nell’ostello troviamo anche due bufale, pronte per dare il latte fresco ai bambini tutti i giorni, un simpatico cane, un ricco orto… quasi un ostello-fattoria!  I giorni passano in fretta, scanditi da ritmi serrati dei medical camp che sono spesso simili ma ogni giorno diversi riservandoci sempre sorprese: il primo si svolge nell’ostello per gli anziani dove oltre a visitare gli ospiti facciamo un check di tutti i bambini di padre Biju lavorando fino a tardi, aiutati da una generosa luna e  circondati da ragazzi festanti con le candele in mano per farci luce… ad uno sguardo superficiale potrebbe apparire facilmente un piccolo “presepe vivente”…

Nuovo giorno, nuovo medical, questa volta in un villaggio di pescatori dove la giornata si conclude con una visita a domicilio per un anziano impossibilitato a raggiungerci al medical camp: camminare di sera nel villaggio trasmette forti sensazioni: penombre e buio si alternano interrotti solo da poche lampadine e dai braceri accesi per cucinare la cena.  Ci sentiamo stranamente a casa, a nostro agio, la lingua ci divide ma la comunicazione avviene ugualmente, per altre vie, non verbali, basta uno sguardo, un sorriso, l’offerta di una sedia, di una tazza di the speziato… casa diviene una parola fluida, lunga due continenti, attratta da qualsiasi posto dove si trovi e ritrovi una comunione d’anime.

Terzo giorno e terzo medical… nuova sfida, molti pazienti, il caldo e la fatica accumulata iniziano a pesare ma la giornata passa; anche un “bambino” dell’ostello viene ad aiutarci, come traduttore, gestisci-fila, tuttofare… ha 13 anni, Avenesh,  ma è alto 170… buono, silenzioso, lavoratore… viene da questo villaggio, ci teneva ad esserci… quando arriva il padre capiamo che è davvero un bambino di 13 anni…. gli mancano almeno 30 cm all’arrivo!   Tornati a casa vediamo la spiaggia trasformata, colori ovunque, anche in mare (le donne fanno il bagno vestite): è una ricorrenza indù e presto saranno qui 500.000 (!!!) persone… come resistere? Sciaf! L’acqua calda lava via la stanchezza e le centinaia di visite eseguite… siamo pronti per la messa: la sera accompagnamo padre Biju in un piccollo villaggio per celebrare il rito… a difficoltà tuttavia riusciamo a definirlo così: canti, musica eseguita su richiesta dei fedeli (Biju suona le percussioni per accompagnare i cori), sorrissi e alla fine l’immancabile ballo e foto di gruppo con noi… vorremmo avere più tempo, aver la possibilità di un piccolo medical camp per restituire almeno in parte l’affetto trasmesso… sarà per la prossima mission… contateci.  I pazienti passano e con essi i giorni, una sorta di tristezza inizia a serpeggiare tra di noi; siamo al momento del count-down, quasi non ci si crede, non è possibile!, chi ci ha rubato una dozzina di giorni?, non li ho sentiti passare!, si preparano le borse, si parte per Eluru, poi Hyderabad e infine per l’Italia…sembra una vita bruciata troppo in fretta… ma basta girarsi per guardare le 1000 cose fatte, i sorrisi dispensati e ricevuti, i bimbi, le urla, il sole, il caldo, il riso, il chapati…

“..che mai sicuri noi non siamo che quel posto dove andiamo non ci inghiotta e non torniamo più!”

Ogni tanto ci fermiamo a pensare che davvero, sarebbe molto bello rimanere inghiottiti per sempre da questo posto, da questa terra, da questa favola…ci dobbiamo “accontentare” di una missione all’anno e, ingordi come siamo, proprio non ci può bastare…ma anche le nostre radici hanno il loro peso non indifferente, così come la consapevolezza che i progetti qui realizzati nascono e crescono  altrove, proprio nei nostri luoghi d’origine, dove un insieme di ingranaggi perfettamente rodati ed oliati si incastra e si muove con puntuale sincronia per rendere possibile tanti piccoli grandi miracoli…

Antonella                   Erika                        Filippo                   

             Gabriele                         Sara

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