Mission A7, about Paolo
Ricordo benissimo il giorno che è arrivata la mail di Mission Tanzania. Tra stupore felicità e incredulità ha prevalso subito quest’ultima, ho addirittura pensato ad un errore. Poi almeno ogni tanto capita e per fortuna di prendere tutto il razionale e allontanarlo da sé. Ti dici… ma perchè no???
Metti da parte insicurezze, ansie di essere all’altezza e ti dici … ok ci provo, tanto prima o poi ci sarà una prima volta da affrontare. Così sono arrivato qui con la testa che bruciava e non per il sole che qui picchia forte nonostante la stagione delle pioggie. Una notte. Solo una notte è bastata. Ti svegli e ti scopri un po’ più leggero, la testa un po’ più sgombra pronta ad accogliere quello che ti circonda e quanto è. Qui sono colori, odori da ogni parte che ti entrano dentro.
E il lavoro qui!!! Esperienza in proposito: zero. Con i bambini poi… Invece sono loro stessi a venirti in aiuto, mi chiamano brother come i seminaristi che aiutano Fr. Manoj e non mi spiace affatta l’idea che per loro io sia come un fratello un po’ cresciuto. Solo nella mole però, sono infatti più indisciplinato di loro e non perdo occasione per farli giocare e pitturare con loro.
Le visite da fare, il caso del piccolo Cristian, le piccole necessità dei ragazzi mi fanno conoscere e scontrare con la realtà locale ed è difficile davvero accettarla per ora, non è facile gestire il senso di impotenza per la mancanza di ogni più banale presidio. Mi dico ci vorrà tempo… passerà… ma non sono credibile nemmeno a me stesso, almeno in questo so che sarà quasi impossibile farci l’abitudine.
Qui in Tanzania ho portato la mia fidata compagna di viaggio e fare quasi un migliaio di foto è stato uno scherzo. Intoccabile a chiunque prima di questa esperienza, qui ha preso ditate e colpi a non finire da parte dei bambini. Ma chi se ne cura… non certo io e non certo qui. Anche questo ti sembra diverso e per capirlo basta davvero poco.
Basta che alzo la testa e vedo questo grande cielo africano fatto di stelle che non conosco. Ormai siamo alla fine e la partenza è prossima, mi chiedo cosa lascio qui e cosa porto a casa con me e mi rispondo che nel viaggio di ritorno mi farò accompagnare dall’entusiasmo di questi bimbi e dalla gioia che solo un bambino può avere nella scoperta. Restare un po’ bambino non credo mi farà mai male, a ricordarmi che la strada è sempre tanta e per un pezzo è stata polverosa e sgangherata come qui in Tanzania.