Mission A6, Andrea e Stefano: l’anestesista e il chirurgo
Anestesiologica, il tempo a volte ritorna

Andrea e l'anestesia
L’anestesiologia ha fatto dei passi da gigante negli ultimi 20-30 anni grazie anche allo sviluppo della tecnologia. Quando entravo in sala operatoria, le prime volte da specializzando, mi sentivo spaesato, teso ed ero sempre allerta , guardingo nel cogliere ogni piccolo segreto: la pressione arteriosa si misurava a mano sentendo il polso, l’ossigenazione del paziente la capivi dal colore del sangue, l’anemizzazione dal colorito cutaneo e la curarizzazione del paziente la valutavi dall’aggrottarsi o meno della fronte percuotendola con il polpastrello…
Sembra preistoria anche a me ma le cose andavano cosi’ e andavano bene. Ora siamo qui nell’ospedale di Mapuordit in Sud Sudan. Mi sono affacciato in sala operatoria accompagnato da Andres, il fratello comboniano messicano che e’ infermiere e responsabile dell’anestesia, ed e’ stato come vivere un deja vu, come tornare indietro ai primi anni.
Qui c’e’ tutto quello che serve ad un anestesista ed in mezzo al bush, cioe’ la campagna piatta desolata e semi deserta del Sud Sudan, sembra addirittura un miracolo. Certo il ventilatore e’ una concertina (una sorta di mantice) manuale attaccato ad un circuito a cui si puo’ collegare un dosatore con l’etere…. ma in compenso ci sono 2 saturimetri e vista la carnagione d’ebano dei sudanesi, pallore e cianosi avrei avuto difficolta’ a coglierli.
Farmaci ed attrezzature, pur senza concedere nulla al superfluo sono sufficientemente presenti in sala operatoria ed il personale sembra adeguatamente preparato. Ho portato con me dall’Italia un piccolo monitor ed un bel carico di elettrodi per monitorare l’attivita’ cardiaca ed Andres mi e’ sembrato entusiasta: un piccolo miglioramento una piccola sicurezza in piu’. Insomma appena il tempo di guardarci intorno, di capire il funzionamento del concentratore d’ossigeno (di ossigeno in rete o in bombole non se ne parla) e dell’aspiratore manuale o meglio a pedale e gia’ ci troviamo ad affrontare la prima seduta operatoria africana.
Due ernie inguinali, una mammella ed una parotide. Si inizia di buon mattino e ognuno ha il suo bel da fare. La sala e’ composta da 2 letti operatori che si alternano in sequenza del tipo che mentre finisce un intervento gia’ il paziente successivo è pronto sul letto a fianco secondo, ahimè, una consolidata consuetudine di sala che vuole il chirurgo intento a ridurre “i tempi morti”e l’anestesista ad allungarli. In realtà, le sedute chirurgiche di Rosario sono generalmente molto affollate e l’ottimizzazione dei tempi diventa indispensabile.
In quesi giorni però a causa di un riaccendersi di antiche rivalita’ tribali cui sono conseguiti alcuni tafferugli a colpi di arma da fuoco, il flusso di pazienti che giunge normalmente in ospedale per farsi operare, anche da molto lontano, si e’ molto ridotto.
La seduta per oggi mi sembra piu’ che onesta, la mattinata infatti scivola via tutta di un fiato… sono ormai le 3 del pomeriggio quando ci avviamo a pranzo soddisfatti: interventi portati a termine, pazienti svegliati… che volevamo di piu’?
Nel pomeriggio poi faremo il giro in corsia ma ora sorridiamo contenti.
Andrea
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Stefano, il chirurgo donatore
L’esperienza del chirurgo esperto non basta piu’ ad attirare pazienti. Gli ambulatori sono vuoti e tutti stanno lontani per paura di scontri che non capiamo se sono più favoleggiati che reali. Tanto per contraddirmi martedì pomeriggio ci arriva il classico ragazzo Dinka alto e fiero con un dito mezzo staccato e sospette schegge allo sterno, lo portiamo subito in sala dove a livello sternale troviamo poco e niente mentre il quarto dito della mano destra e’ andato e lo amputiamo completamente.
Il giorno dopo e’ giorno di sala e in programma abbiamo solo una appendice ed un altro gozzo. Quello che pensavamo o meglio pensavo fosse un normalissimo gozzo multinodulare si rileva uno struma iperfunzionante che non essendo stato preparato non e’ altro che un palloncino pieno di sangue. La paziente ne esce fuori solo grazie alla bravura di Andrea ed al sudore e sangue di tutti noi. Scatta l’autocritica e mi dico che pur essendo in Africa non si può fare a meno delle minime regole della chirurgia e ripensando a cosa mi diceva il mio caro primario francese Prof. Rivoire “indicazione di merda chirurgia di merda” mi flagello con rami di mango. Comunque la paziente sta bene e spero di dimetterla presto.
La seconda seduta della settimana è sabato dove riusciamo a mettere una ernia femorale recidiva una appendicectomia, una revisione di ferita da arma da fuoco e senza successo cerchiamo di chiudere la cute alla bambina della ostiomielite operata la settimana precedente. I pazienti vanno bene e durante gli interventi improvviso dei passi di danza tanto da fare dire al mio assistente Asiki “You are a terrible dancer” ma almeno usciamo dalla sala con il sorriso…
Nel pomeriggio arriva un ragazzino francamente peritonitico e quasi in shock settico lo portiamo subito in sala e troviamo tantissimo pus in addome proveniente da una appendicite acuta. Durante l’esplorazione riscontriamo anche quello strano ascesso di parte che hanno solo i dinca di questa zona e lo trattiamo. Si finisce verso le 20 giusto giusto per la pappa e per andare a bere quei 4-5 litri d’ acqua necessari per sopravvivere a temperature che ogni giorno sono peggiori.
Visto che la settimana chirurgica e’ stata poco interessante parliamo un po’ di infertilita’. Si perchè nell’ambulatorio di chirurgia mi arrivano coppie che non riescono ad avere figli ed io di queste cose non mi ricordo più niente. Estrogeni, progestinici un po’ di uno e dell’altro… boh? Nell’unico caso che ho visto Rosario aveva dato 6 pillole ed una volta finite dovevano avere rapporti per 10 giorni consecutivi. Devo dire che è stata la prescrizione più bella che ho visto nella mia carriera, ma non ho osato chiedere se c’era un substrato scientifico o se si andava a fortuna.
Comunque sia non c’è ambulatorio dove non mi arrivi una coppia che vuole avere l’ottavo o il nono figlio e non ci riesce. Prescrivo i 10 giorni di sesso continuativo come da protocollo di Mapuordit, che è sempre meglio di un antibiotico in muscolo, così almeno se non succede niente Rosario è tornato ed io saro’ gia’ in Italia.
Alla terza puntata!
Stefano
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