Day 5
sveglia ore 7.30 am, mattinata a preparare tutto il materiale per il medical camp, il gruppo infermiere al gran completo comincia a preparare la sacca e le valigie mediche, una per i farmaci, una per le medicazione e una varia dove insieme ai fonendi e ai guanti sbucano palloncini, autan, e caramelle mille gusti. Per fortuna l’armadio dei farmaci di FTC è tutto in ordine e grazie alla spedizione precedente Mission PS è perfettamente catalogato per ripiano, il che rende il lavoro di molto più facile. Il gruppo medico affronta l’impresa titanica di comprare i farmaci alla farmacia governativa di Eluru, riuscita in un tempo di tre ore. Funziona così: il commesso appena ci vede arrivare ci riconosce e ci sorride, poi prende la nostra lista e comincia a prepararla mentre continua a servire tutte le altre persone, che arrivano in continuazione, chi compra quattro compresse di omeoprazolo, chi cinque di diclofenac, chi tre di ranitidina, chi una fiala di cortisone, chi ben un blister di paracetamolo, tanti beveroni di tonici e vitamine colorate, ma la sensazione è di amarezza, tanta povera gente sprovveduta in balia del business della farmaceutica che invece di un bel cesto di frutta butta i pochi soldi nella compressa magica. Poi arriva il solito giovane garzone che comincia a cercare i farmaci in scaffali stracolmi di scatole, ad ogni scatola sembra sia la prima volta che la vede, ma lentamente procede. Poi quando ti sembra che abbia finito il boss ricontrolla tutto per essere sicuro, e fa il conto finale ricontrollandolo tre volte e dopo aver pagato (3500 rupie) mentre li mette nella scatola li riconta. Tre ore, quattro sigarette a testa, due soda e una gran sudata.
Il buon riso fritto di padre Thomas come usanza prima del camp e poi verso Ponoanghi che aspetta. La strada è rotta così con i borsoni attraversiamo il villaggio e ci organizziamo all’interno di una piccola chiesetta. Francesca fa il triage, li organizza per numero e per patologia, poi iniziamo. Tre postazioni medico e infermiera, Daniele e Ilenia, Marco e Sandra, Francesca e Chiara, c’è tanta gente così loro che hanno già fatto esperienza, anche se breve, sono obbligate a gestirsi anche la parte medica, ma vanno bene, molto, quando hanno dubbi chiedono, siamo tutti vicino.
Lara si occupa delle medicazioni e dei farmaci. Franco si prende il lavoro più sporco, cercare di far tenere un ordine ai 200 indiani che si infilano da tutti gli angoli per essere visitati all’interno della piccola chiesa che ci fa da ambulatorio Alla fine, a secondo del lavoro, tutti aiutano tutti, così vanno i medical camp. Tutto gira bene, vediamo prima tutti i bambini della scuola, che poi è all’interno della chiesetta, poi tutti gli altri. Tante infezioni cutanee, scabbia, problemi respiratori, sei bei lipomi e cisti messi in lista per l’intervento, ernie ombelicali, Ponanghi dal punto di vista medico è sempre molto varia e non delude mai. Usciamo dalla chiesetta che è buio, ancora i bambini aspettano fuori per un saluto, e forse per un altro giro di “ci son due coccodrilli…”che ieri le ragazze gli hanno insegnato. Tra i goodnight urlati dai bambini nel buio del villaggio torniamo a casa.
Ilenia scrive:
lunedì… finalmente anche io, Lara e Sandra abbiamo provato l’emozione del medical camp!… siamo entrate nell’ingranaggio… tante le paure, le incertezze… la convinzione di non essere all’altezza… di deludere le aspettative di tutte quelle persone che ti guardaveno con occhi speranzosi, curiosi. E dopo un attimo di esitazione, la tachicardia che non riesci a fermare, il tuo battito si stabilizza. E la giornata trascorre velocemente, ogni tanto alzo gli occhi e vedo i miei compagni di viaggio che lavorano con dedizione, le loro facce sembraqno stanche ma il loro occhi brillano, come quelli di questa gente. Al rientro a casa quasi non parliamo, ma si respira felicità…
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